L’ombra del tempo

L’ombra del tempo

Milano, 9:30. Un raggio di sole svela la mia ombra. È dietro di me, incalza così calpestata, così approssimativa, così inevitabile. Se quell’ombra avesse un nome per me sarebbe il tempo. L’ombra del tempo è creata da quella stessa luce che non sa di averla provocata, che potrebbe farne a meno per esistere, ma è già troppo tardi. Ad ogni modo, il tempo ogni tanto, come un’ombra, appare e ti ricorda che lo stai perdendo.

Perché sono lì, seduta nella parquet ai piedi del letto, a cercare il modo giusto per esprimermi, per farmi capire dagli altri. Sono lì alla ricerca di certezze, risposte, appagamento. Sono lì a contare le delusioni e le ferite provocate da chi, amico estraneo, osserva senza voler entrare per davvero sfruttando quella cieca fessura sulla tua quotidianità. E mi sento come una passeggera in una macchina che guida da sola verso le stanze della mia mente, così frastornata, così contraddittoria.

E lì l’ombra del tempo finalmente diventa chiara perché vuole farti capire che pensare va bene e salva, ma che farlo non significa sprecare i propri attimi brevi ed infiniti a fissarsi su situazioni temporanee e violente pur nella loro banalità. Perché questo implica tornare indietro e quindi realmente spegnersi, rassegnarsi.

Dunque… la soluzione che ho trovato a tutta questa nuvola di pensieri che porta pioggia è quella di tentare di impiegare le ore della giornata edificando un luogo sicuro in cui potersi sentire vulnerabili. Mostrare la propria ombra del tempo, la sua verità e al massimo condividere i propri dilemmi, ma non sprecare nulla, se a nulla serve.

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